Tendinopatite e rotture dell'Achilleo | Dott. Antonio Giardella
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Tendinopatite e rotture dell’Achilleo

Descrizione

Per tendinopatie dell’Achilleo si intende una serie di condizioni sostenute da un processo infiammatorio acuto o cronico che provoca un dolore lungo la parte posteriore della gamba vicino al tallone.

Il tendine d’Achille è il più grande tendine del nostro corpo, collega i muscoli del polpaccio al tallone ed è costantemente impiegato in tutte le attività di carico, dal cammino alla corsa ed il salto.

L’interessamento del tendine d’Achille rappresenta una delle patologie da sovraccarico più diffuse in ambito sportivo. Nella maggior parte delle attività sportive il tendine è sottoposto a sollecitazioni molto intense che provocano microlesioni sia nella sostanza fondamentale che nel collagene. Queste microlacerazioni sono in minor misura autoriparabili ma, al persistere di un eccessivo sovraccarico funzionale, possono evolvere dapprima in tendinite e poi in tendinosi, ossia in un processo degenerativo che può portare anche ad una rottura spontanea. Anche le malattie metaboliche possono essere causa di un danno al tendine d’Achille.

Possiamo quindi dire che quando l’infiammazione del tendine non è trattata adeguatamente si può arrivare alla rottura del tendine stesso.

È possibile classificare queste condizioni infiammatorie in tendinopatie inserzionali e non inserzionali. Tra le prime sono ricomprese le tendinopatie inserzionali, le borsiti retro-calcaneari e le borsiti calcaneari superficiali. Le tendinopatie non inserzionali possono invece distinguersi in tendinopatie della porzione media del tendine d’Achille, para-tendinopatie acute e para-tendinopatie croniche.

  • Tendinopatie inserzionali: quest’ultime interessano la parte inferiore del tendine, dove esso si inserisce al calcagno. In queste condizioni le fibre tendinee possono addensarsi fenomeni di tendinosi calcifica. La tendinite inserzionale può avvenire in qualsiasi momento e può colpire anche pazienti che non sono particolarmente attivi. Queste condizioni, in genere, non sono legate ad un trauma specifico; il problema deriva da stress ripetitivi ed accade quando il soggetto si spinge a fare troppo e troppo presto;
  • Tendinopatie non inserzionali: queste condizioni sono associate molto spesso a iniziali rotture delle fibre nella porzione centrale del tendine mediante piccoli strappi, gonfiore ed ispessimento delle fibre. La tendinite della porzione centrale del tendine colpisce più frequentemente i giovani e le persone che praticano attività sportiva.

Importante è evidenziare che altri fattori possono portare allo sviluppo di una tendinite, tra cui:

  • Improvvisa intensificazione dell’attività fisica, ma non adeguata preparazione all’attività sportiva, che comporta strutture muscolari del polpaccio contratte e tese con il risultato di uno stress maggiore sul tendine;
  • Esiti della malattia di Haglund, una malattia che si palesa durante la fine della crescita a carico del calcagno e comporta la formazione di una protuberanza ossea posteriormente; questa protuberanza ossea spinge contro il tendine e contro le calzature, provocando una infiammazione del tendine sull’inserzione al calcagno.

Le diverse condizioni di tendinopatie inserzionali e non sono accompagnate da una serie di segni e sintomi comuni come il dolore in movimenti specifici della giornata, come al mattino, spesso associati a rigidità, o dopo un’attività sportiva, ispessimenti del tendine e gonfiore, e apprezzamenti di veri e propri spessori ossei nelle tendinopatie inserzionali; un improvviso dolore intenso, trafittivo nella parte posteriore del polpaccio avvertito durante un’attività sportiva o nel cambiamento veloce di direzione potrebbe significare la rottura del vostro tendine. In questa condizione specifica, o nel caso di una associazione di segni e sintomi descritti in precedenza, è consigliabile rivolgersi immediatamente ad uno specialista ortopedico.

Cosa fare prima del trattamento

Il paziente affetto da condizioni di limitazione funzionale nel movimento della caviglia, in particolare con una diminuzione della capacità di flettere il piede, e da dolori e segnali descritti in precedenza, deve rivolgersi allo specialista per discuterne insieme ed effettuare un controllo. Lo specialista, dopo aver effettuato un esame obiettivo del piede e della caviglia, con test specifici per la ricerca di una condizione di tendinopatia, può prescrivere alcuni esami diagnostici così da individuare la condizione di sofferenza inserzionale o non inserzionale del tendine.

Gli esami utili per l’inquadramento di queste patologie sono un esame radiografico delle caviglie in carico nelle due proiezioni standard, che può evidenziare condizioni calcifiche e/o protuberanze ossee come esiti della malattia di Haglund; l’esame ecografico è un esame di primo livello che tende ad evidenziare condizioni di tendiniti, tendinosi o piccole rotture a carico del tendine associate o meno a borsite retrocalcaneari. Queste condizioni sono meglio descritte da un esame di risonanza magnetica, utile nella maggior parte dei casi ad evidenziare anche condizioni associate. L’esame RMN inoltre risulta estremamente utile allo specialista nella pianificazione del trattamento, descrivendo con accuratezza la qualità e la quantità del danno tendineo.

Trattamento conservativo

Nella maggior parte dei casi un trattamento conservativo garantisce un miglioramento della sintomatologia dolorosa e funzionale, anche se sono spesso necessari alcuni mesi prima della completa regressione dei sintomi. Il dolore infatti può durare anche più di 3 mesi. Il trattamento conservativo è composto da un programma ampio costituito da un iniziale riposo funzionale, diminuendo o addirittura interrompendo l’attività sportiva (cyclette e nuoto sono opzioni per rimanere attivi senza sovraccaricare il tendine d’Achille), e da una terapia medica e fisiokinesiterapica. L’utilizzo infatti di antinfiammatori riduce il dolore e spesso il gonfiore. Terapie fisiche come la tecarterapia, gli ultrasuoni e la laserterapia possono contribuire anch’essi alla diminuzione del dolore e del gonfiore e risultano estremamente utili nella gestione di queste condizioni. Il trattamento con onde d’urto risulta estremamente efficace nelle condizioni in cui l’infiammazione è cronica ed è associata a calcificazioni inserzionali e non.

La terapia medica e fisica è seguita da un protocollo di stretching del tallone e da un potenziamento eccentrico, cioè da esercizi di contrazione dei muscoli del polpaccio mentre li si allungano.

Il dolore causato da queste tendinopatie dell’Achilleo può inoltre essere alleviato dall’uso di supporti per il rialzo del tallone, in particolar modo nelle tendiniti inserzionali, e dall’uso di scarpe con un sostegno della volta ed una più morbida parte posteriore.

Un capitolo estremamente recente ed attuale è l’utilizzo di infiltrazioni con fattori di crescita (PRP). L’uso di queste infiltrazioni può risultare particolarmente utile in quelle condizioni associate a piccole rotture tendinee.

Intervento chirurgico e ricovero

La chirurgia viene presa in considerazione in quei casi in cui il processo infiammatorio a carico del tendine d’Achille non migliora dopo un trattamento conservativo di almeno 6 mesi.

Il tipo di trattamento chirurgico che viene proposto dallo specialista dipende dall’area d’interessamento del tendine, inserzionale o non inserzionale, e dalla quantità di danno a carico del tendine. Quando il danno a carico del tendine è inferiore al 50% è possibile effettuare un intervento di debridment (pulizia/rimozione) della parte danneggiata e successiva riparazione attraverso sutura. In questi casi è possibile aggiungere fattori di crescita (PRP) nella zona danneggiata per favorire una migliore guarigione.

Nelle tendinopatie inserzionali viene asportata anche la calcificazione e/o lo sperone osseo. È necessario, inoltre, rimuovere la protuberanza ossea negli esiti di Haglund. La riparazione dei tendini in questi casi può richiedere l’uso di ancore di metallo per aiutare a mantenere il tendine d’Achille ben inserito al calcagno.

L’asportazione dell’apofisi posteriore calcaneare, così come della bursectomia e debridment dei tendini inserzionali, sono oggi praticate attraverso una chirurgia mini-invasiva di tipo artroscopico. Questi tipi di trattamento chirurgico vengono solitamente effettuati in regime di day-surgery o al massimo con il ricovero di una notte.

Cosa fare nel post-operatorio

Il post intervento consiste in un periodo variabile di scarico con una deambulazione assistita da 2 bastoni per un periodo di 3-6 settimane, con un bendaggio e/o tutore specifico in equinismo.

Successivamente il paziente inizierà una fisiokinesiterapia finalizzata al recupero dell’articolarità e dell’elasticità del tendine, per poi continuare con un periodo di rinforzo muscolare. Il principale fattore che influenza il recupero è la quantità del danno a carico del tendine, maggiore è la quantità di tendine coinvolto dal danno dell’infiammazione, più lungo sarà il periodo di recupero e meno saranno le probabilità che il paziente ritorni ad un’attività sportiva sostenuta. Molti pazienti necessitano di un periodo di riabilitazione di 6-12 mesi prima della guarigione completa.

Complicazioni

Le complicanze sono rare e caratterizzate da:

  • infezioni, più probabili nella chirurgia aperta ed in alcuni soggetti come i diabetici;
  • formazione di trombosi venose, ridotte dall’assunzione di farmaci antitrombotici nel post-operatorio;
  • danno ai nervi, in particolare il nervo surale, nervo sensitivo;
  • dolore, da moderato a forte nel 20-30% dei casi, ed è l’evento più come e fastidioso.

Rotture del tendine d’Achille

Soggetti maschili con età superiore ai 30 anni che in genere praticano un’attività sportiva come il calcio, il tennis o il basket, sono quelli con più probabilità di andare incontro ad una rottura del tendine d’Achille. Altre tipologie di sport come lo squash, la corsa od il ballo sono a rischio per rottura del tendine d’Achille. Tra l’8-18% dei soggetti che praticano queste attività si riscontra una tendinosi dell’Achilleo (cioè di degenerazione cronica) e, così come descritto nei paragrafi precedenti, può causare un suo indebolimento ed essere precursore di una rottura.

Il paziente si accorge perfettamente del momento in cui è avvenuta la rottura del tendine avvertendo un suono sordo accompagnato da un intenso dolore con successiva impotenza funzionale, che si estrinseca con l’incapacità di camminare e piegare il piede verso il basso. Il soggetto in questi casi si deve rivolgere al più presto in un pronto soccorso o da uno specialista ortopedico.

La rottura del tendine d’Achille può riguardare le diverse porzioni dello stesso e può interessare tutto lo spessore o parte di esso. Nei casi in cui la rottura interessa una percentuale del tendine superiore al 30-50%, oppure quando interessa soggetti particolarmente attivi, come gli sportivi, è consigliabile l’intervento chirurgico di riparazione.

L’intervento chirurgico consiste nella riparazione della lesione mediante una sutura del tendine. In casi selezionati, cioè quando la lesione non è completa ed interessa una percentuale del tendine non eccessiva, è possibile effettuare un intervento meno invasivo con piccoli accessi paratendinei.

Dopo l’intervento il paziente, che verrà dimesso nelle 24 ore dall’intervento, indosserà un tutore tipo walker in equinismo nella prima fase e successivamente comincerà la fase riabilitativa.

Nei casi in cui il soggetto non viene operato, il tutore tipo walker verrà indossato per circa 2-3 mesi.

I rischi e le complicanze legate alla chirurgia di riparazione del tendine non sono da sottovalutare: l’infezione e la deiscenza della ferita chirurgica hanno una percentuale di incidenza maggiore rispetto ad altri interventi.

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