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La spalla instabile

Descrizione

L’instabilità è una condizione patologica che si manifesta con dolore associato ad un eccessivo spostamento della testa omerale nella glenoide durante il movimento attivo della spalla. Non bisogna confondere la lassità con l’instabilità: la lassità è rappresentata da una passiva traslazione della testa omerale nella glenoide che non si associa a dolore.

È presente in vario grado in una spalla normale, è asintomatica ed è richiesta per consentire un fisiologico movimento gleno-omerale senza restrizioni. Il grado di lassità può essere condizionato dall’età, dal sesso, da fattori congeniti, ecc.

La lassità, a sua volta, può rappresentare un fattore di rischio per lo sviluppo di una instabilità clinica.

Si possono distinguere tre principali categorie di pazienti affetti dal disturbo:

  1. pazienti instabili per cause traumatiche (T.U.B.S.);
  2. pazienti generalmente lassi con instabilità multidirezionale (A.M.B.R.I.);
  3. pazienti con instabilità acquisita conseguente a gesti sportivi ripetuti (A.I.O.S.);

Questi tre gruppi ben noti e studiati possono essere affiancati da altre due tipologie di pazienti con instabilità di spalla:

  1. “pazienti” lussatori volontari (anteriori, posteriori, inferiori);
  2. pazienti con instabilità conseguente a deficit muscolari (lesioni massive della cuffia dei rotatori e importanti deficit del deltoide), o a danni neurologici.

In tutti queste categorie è comunque riscontrabile nella maggior parte dei casi una lesione della capsula e dei legamenti gleno-omerali oltre alla presenza di un deficit osseo glenoideo e di una lesione più o meno estesa della tasta omerale. E proprio l’entità di queste due complicanze anatomo-patologiche che ci orientano verso un trattamento chirurgico artroscopico definito come capsuloplastica o open chiamato Laterjet.

Cosa fare prima del trattamento

Le indicazioni al trattamento chirurgico in una spalla instabile sono:

  • dolore persistente con limitazione delle normali attività quotidiane del paziente (in particolare lavorative e sportive)
  • ripetuti episodi di lussazione
  • l’insuccesso di un percorso riabilitativo di rinforzo muscolare e recupero propriocettivo della spalla

La scelta tra l’indicazione alla riparazione artroscopica, o mediante Latarjet, è data dall’anamnesi che ci indicherà sul numero di episodi di lussazione, il tipo di attività svolta e quindi le richieste funzionali del paziente, ma in particolare dalla diagnosi strumentale che è data dall’artro RMN (un tipo di risonanza magnetica effettuata con mezzo di contrasto che permette di valutare la presenza di lesione capsulare e labbrali glenoidee) e dalla TAC Pico un particolare tipo di tomografia assiale computerizzata che permette di valutare il deficit osseo a livello glenoideo.

Trattamento mediante tecnica di Latarjet

Nel caso in cui la Tac Pico sarà positiva per un deficit osseo glenoideo maggiore del 25% e l’artro RMN per un estesa lesione di Hill-Sachs (frattura osteocondrale della testa omerale sul versante posterosuperiore) associata ad una lesione del cercine glenoideo (chiamata tecnicamente Bankart) è necessario orientarsi verso il trattamento chirurgico aperto mediante tecnica di Laterjet che si effettua mediante un incisione deltoideo pettorale di circa 8-10 cm con il successivo prelievo di circa 1 cm di osso dal processo coracoideo (un sperone osseo di partenza della scapola): questo viene fatto passare attraverso il muscolo sottoscapolare con i suoi tendini annessi (tendine comune) e fissato nella zona anteriore della glena con due viti o mediante una placca . Questa porzione di osso trapiantata con il proprio legamento crea una stabilità anteriore, che rende pressoché impossibile una nuova lussazione. Da recenti studi, il tasso di ri-lussazione è inferiore al 2-3%.

Cosa fare nel post-operatorio

La durata media del ricovero è di 24 ore; il paziente viene dimesso nella mattinata successiva all’intervento, salvo complicazioni.

Nell’immediato post-operatorio, viene posizionato un tutore reggibraccio che va portato per 30 giorni (salvo diversa indicazione).

Durante tale periodo è comunque possibile rimuovere il tutore 2-3 volte al giorno per eseguire cauti esercizi di mobilizzazione passiva di gomito, polso e dita sempre con l’arto adeso al fianco.

Il paziente verrà opportunamente istruito e reso autosufficiente per quanto riguarda le necessità quotidiane quali il lavarsi ed il vestirsi.

Passati i 30 giorni dall’intervento, si potrà iniziare il trattamento fisioterapico, salvo diversa indicazione del chirurgo. Non sono consentiti l’extrarotazione oltre i 30°, i movimenti attivi (ad esempio sollevare il braccio in avanti), ed il sollevamento di pesi per 6 settimane. Questo infatti è il tempo medio di integrazione delle strutture riparate.

Bisognerà prevedere almeno 2 mesi di riabilitazione.

In media il recupero funzionale ed il ritorno alle normali attività quotidiane si ottiene in 2-3 mesi ma può necessitare anche di periodi più lunghi. La ripresa di lavori particolarmente pesanti e di sport agonistici o di contatto richiede tempi più lunghi fino ad 8 mesi.

Complicazioni

Le complicanze legate ad una stabilizzazione secondo Laterjet sono diverse e possono essere legate a complicanze intra-operatorie, come la rottura dell’innesto coracoideo o a possibili lesioni nervoso-vascolari, o a complicanze post-operatorie come ematomi, rigidità in extra-rotazione, infezioni superficiali o profonde, o al fallimento del mezzo di sintesi utilizzato.

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