Lesioni cartilaginee tibio-tarsiche | Dott. Antonio Giardella
Torna a Caviglia - Piede

Lesioni cartilaginee tibio-tarsiche

Descrizione

La lesione cartilaginea è una delle patologie più comunemente riconducibili ad un trauma della cartilagine. La cartilagine è il delicato tessuto che ricopre le nostre ossa, situato dove queste ultime si articolano tra di loro. Ha caratteristiche istologiche e biomeccaniche che variano da articolazione ad articolazione. È un tessuto non vascolarizzato, ricco d’acqua, la cui densità varia a seconda della presenza di acido jaluronico e di altri gligosamminoglicani che i condrociti (le cellule produttrici) generano, depositano e metabolizzano. Le lesioni della cartilagine possono essere limitate al tessuto stesso o coinvolgere l’osso spongioso sottostante, determinando quella che viene definita lesione osteocondrale, spesso associata ad edema osseo circostante l’area di lesione che, in gran parte dei casi, è responsabile del dolore. La cartilagine articolare della caviglia può subire un danno in occasione di traumi distorsivi, microtraumi ripetuti o traumi che procurano fratture ossee in questo distretto. Le lesioni possono essere focali o plurifocali in base all’estensione del danno sulle superficie articolari tibio-tarsiche e possono a volte condurre al distacco di un frammento condrale o osteocondrale dalle suddette superfice.

Cosa fare prima dell’intervento

I sintomi non sono specifici e le lesioni cartilaginee si manifestano soprattutto con dolore sotto carico, versamenti recidivanti.

Una lesione cartilaginea a tutto spessore può produrre distacco di frammento di cartilagine ed osso (osteocondrale) può esordire in modo acuto dopo un trauma manifestandosi con un blocco articolare o associarsi a blocchi articolari intermittenti con la sensazione di uno spostamento “meccanico” nell’articolazione.

L’esame clinico e la storia orientano sul sospetto diagnostico valutando anche la presenza di limitazione articolare ed instabilità legamentosa associata. Per gli esami strumentali, l’ecografia può fornire informazioni affidabili sulla presenza di versamento articolare e sulla condizione legamentosa ma non sulla condizione cartilaginea, la RMN è l’esame specifico per valutare la condizione cartilaginea anche se l’affidabilità non è assoluta, la TAC bi ed in particolare tridimensionale può integrarsi alla risonanza nel valutare la profondità della lesione cartilaginea e reale dimensione nelle lesioni a tutto spessore (lesioni osteocondrali). Lesioni potenzialmente dolorose e funzionalmente limitative che si associano a bassa affidabili nei rilievi diagnostici strumentali sono in particolare quelle della volta/plafond tibiale. L’affidabilità diagnostica assoluta è quella della valutazione artroscopica che deve però essere sempre associata ad un trattamento.

Trattamento conservativo e chirurgia mininvasiva

Il trattamento varia in rapporto alle condizioni funzionali, sede e profondità della lesione ed al livello di attività sportiva e lavorativa del paziente. In presenza di una lesione documentata o sospetta con modesta ed incostante limitazione funzionale si può attuare un piano di trattamento conservativo che include terapia fisica, condroprotezione, chinesi per riequilibrio e potenziamento della muscolatura periarticolare. A questo si può associare una terapia iniettiva con acido ialuronico (viscosupplementazione) e con metodica più innovativa con PRP/gel piastrinico. Il trattamento conservativo trova il suo limite quando persistono la sintomatologia e limitazione funzionale in particolare in attività lavorativa o sportiva.

A questo punto è necessario prendere in considerazione il trattamento artroscopico che si basa essenzialmente su 4 metodiche in base alla gravità della lesione: I trattamenti sono quelli utilizzati nell’articolazione del ginocchio e comprendono schematicamente:

  • Microperforazioni, cioè perforazioni dell’osso sottostante la cartilagine che producono una risposta riparativa attraverso il sanguinamento dell’osso;
  • Innesto /trapianto osteocondrale, con prelievo singolo o multiplo da una sede non di carico della caviglia o da atra sede articolare (es. ginocchio).
    Gli innesti possono anche essere costituiti da tessuto osseo biocompatibile preparato in laboratorio;
  • Trapianto cartilagineo, con prelievo di cellule inviate alla coltura e successivamente impiantate (che richiede quindi due interventi distanziati dal tempo necessario per la coltura cellulare)
    Innesto di membrana condroinduttiva che può essere associato a microperforazioni o ad innesto di cellule mesenchimali eseguibile one–step, in un unico tempo.

 

Cosa fare nel post-operatorio

Il protocollo post-operatorio varia molto a seconda della patologia e del tipo di trattamento eseguito. In generale tuttavia è necessario eseguire la prima medicazione 2-3 giorni dopo l’intervento e la rimozione dei punti di sutura eventualmente applicati dopo ulteriori 10 giorni. Il movimento della caviglia è spesso concesso precocemente (già dopo 2-3 giorni) mentre per il carico è solitamente necessario attendere tra 1 e 6 settimane a seconda della patologia di base e del trattamento.

Come dopo quasi tutti gli interventi sulla caviglia o sul piede è consigliabile eseguire, nel periodo post-operatorio, della ginnastica specifica eventualmente integrata con della fisioterapia mirata al:

  • recupero dell’articolarità della caviglia
  • rinforzo muscolare;
  • recupero della funzionalità propiocettiva del piede.

 

Complicazioni

Le complicanze sono prevalentemente legate a fenomeni di rigidità articolare, nel maggior parte dei casi transitori.

Torna a Caviglia - Piede